Il settore agroalimentare è responsabile a livello globale del 28-30% delle emissioni di gas serra: si parte da questa premessa all’evento “Quando la filiera agroalimentare è sostenibile” coordinato da Trentino Green Network e moderato da Laura Ricci il 30 settembre al Salone della CSR e dell’Innovazione Sociale. “E’ fondamentale capire quale parte del processo produttivo è più impattante e prendere decisioni, trovare soluzioni per ridurre gli impatti. Ciò è fattibile solo se si analizzano i dati” afferma Davide Tonon di Quantis International.
Un concetto ribadito anche da Image Line che fa l’esempio di quanto la scienza e la tecnologia siano necessarie per la gestione dei fitofarmaci e per garantire al consumatore finale alimenti salubri, privi di residui chimici; ma anche ribadito dal Direttore Generale di ASdoMAR Valsecchi, che racconta quanto sia stato complesso dal punto di vista scientifico e degli strumenti tecnologici messi in campo misurare l’impatto della pesca del tonno sull’ecosistema marino e capire il margine di intervento dell’azienda verso la sua minimizzazione.
La sostenibilità delle filiere agroalimentari passa dall’impiego degli strumenti scientifici e tecnologici, dunque, e da una Agricoltura 4.0 che deve essere trasmessa alle nuove generazioni di agricoltori. Come avviene già attraverso il progetto Agro Innovation Edu e il premio correlato Agro Innovation Award ideati e gestiti da Image Line, di cui ci parla Cristiano Spadoni.
L’origine delle materie prime: tracciabilità come opportunità
Un altro tema strategico per la sostenibilità della filiera agroalimentare è la tracciabilità (la capacità di un produttore di rendere trasparente al consumatore finale l’origine delle materie prime, n.d.r.), dal 2014 obbligatoria per legge. Certamente è molto difficile conoscere l’origine delle materie prime, ma la tracciabilità è anche un’opportunità.
Lo dimostrano le certificazioni di filiera: dalla Friend of the Sea di ASdoMAR, che prevede osservatori a bordo dei pescherecci per verificare le operazioni di pesca, alla SQNPI di Mezzacorona, che prevede un controllo sulla sostenibilità del prodotto che va dalla piantumazione delle barbatelle alla bottiglia di vino sullo scaffale.
Essere sostenibili non deve essere un costo per le filiere ma un’opportunità
Di opportunità parla sempre Valsecchi: di come ottimizzare l’uso della materia prima tonno – così preziosa perchè si pesca in modo selettivo (a canna) a tutela dell’ecosistema marino – ha significato investire in tecnologie per la produzione di prodotti a valore aggiunto che consentono la valorizzazione degli scarti. L’azienda, insieme ai propri fornitori e collaboratori, ha pensato come fare ciò e ha scelto di impiegare le parti meno nobili per la ricettazione (tonno con legumi e verdure) e infine per il pet food e per le farine di pesce che servono nella preparazione dei mangimi per animali domestici.
Ma anche di come la sostenibilità sia una opportunità di creare occupazione locale, perchè, nel mentre il settore ittico stava assistendo a un processo di delocalizzazione, ASdoMAR ha scelto invece di mantenere la lavorazione in Italia per controllare il processo produttivo e per gestire a mano le prime operazioni di lavorazione di taglio e pulitara.
Sostenibilità = Governance, Ricerca e Sviluppo, Territorio, Tradizione
“La sostenibilità non è più un optional” ha detto Pizzagalli Presidente dell’IVSI – Istituto Valorizzazione Salumi Italiani che raggruppa i principali produttori italiani di salumi. E prosegue dicendo che per alcune aziende la sostenibilità è vista come un costo, per altre come una buona azione: ma oggi deve cambiare radicalmente la vision e la sostenibilità deve essere considerata come l’unica strada da percorrere per avere una chance di futuro e che per IVSI Sostenibilità vuol dire governance, R&D, legame con il territorio, mantenimento della tradizione nei processi produttivi.
Pizzagalli afferma che è necessario passare da un modello economico del TANTO a un modello economico del MEGLIO, e che oggi non è importante tanto dove si fa il prodotto ma CHI lo fa. Infatti IVSI promuove presso le aziende associate la cultura della sostenibilità, a partire dalla creazione di un Manifesto. Da qui, condividendo i valori del manifesto, alcune aziende hanno proseguito sulla strada della sostenibilità realizzando il Bilancio di Sostenibilità.
La consapevolezza dei Soci: l’importanza dell’engagement nella sostenibilità
Sul valore della consapevolezza dei soci sono tornate le due realtà cooperative trentine partecipanti all’evento: il Presidente Luca Rigotti per il Gruppo Mezzacorona, che si fonda su una solida realtà cooperativa composta da 1.600 soci vitivinicoltori, e il responsabile marketing Andrea Fedrizzi per il Consorzio Melinda, composto da 4.000 soci coltivatori di mele. E’ grazie al coinvolgimento dei soci produttori e alla condivisione della vision, concreta e improntata all’innovazione, che queste importanti realtà del settore agroalimentare italiano trovano le risorse per investire in progetti di sviluppo sostenibile.
Il Gruppo Mezzacorona grazie ai Soci ha potuto investire nelle energie rinnovabili, nell’efficienza energetica di tutta la Cittadella del Vino, nella gestione della risorsa idrica – con irrigazione a goccia e subirrigazione nei vigneti siciliani dove la risorsa idrica è particolarmente scarsa; nel potenziamento dei depuratori ben oltre le reali necessità dell’azienda per poter garantire un eccellente sistema di depurazione delle acque.
E inoltre, la tutela della biodiversità, la manutenzione del territorio e la valorizzazione del paesaggio trentino sono nelle mani dei Soci: che effettuano a mano, con le loro famiglie, la raccolta delle uve; che portano avanti il loro lavoro nel rispetto della tradizione, utilizzando la pergola trentina; che da trent’anni adottano tecniche di lotta integrata, pionieri del famoso metodo della confusione sessuale.
Il Consorzio Melinda punta sull’efficienza energetica e sulla riduzione dell’impatto energetico legato allo stoccaggio delle mele, grazie all’investimento in celle ipogee che riducono del 50% il fabbisogno energetico dell’azienda. Le celle ipogee sono ospitate in una cava scavata nel cuore della Val di Non, anzichè occupare nuove superfici con la costruzione di magazzini e hanno una capacità di stoccaggio pari a 30 mila tonnellate di mele, che a breve sarà aumentata di altre 10 mila, grazie a un ulteriore investimento dei Soci, la cui consapevolezza di questa innovazione è molto elevata.
Il risparmio energetico calcolato, rispetto alla conservazione epigea (cioè in superficie), è di circa 1,9 GW/h. Che corrispondono all’energia elettrica utilizzata da 2.000 persone in un anno.
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